legittimità costituzionale dell’articolo 567 c.p.c.

L’articolo 567 c.p.c. è salvo: la Corte Costituzionale ha dichiarato
non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo
suddetto nei commi secondo e quarto, sollevata, in riferimento agli
articoli 3 e 111 della Costituzione, dal Tribunale di Caltanissetta.

Il Tribunale di Caltanissetta, giudice dell’esecuzione, ha
dubitato della legittimità costituzionale, in riferimento all’art. 3
della Costituzione, dell’art. 567, secondo comma, cod. proc. civ.,
“nella parte in cui non prevede che il certificato notarile attestante
le risultanze delle visure catastali e dei registri immobiliari possa
ritenersi sostitutivo soltanto dell’estratto del catasto e di
certificati delle iscrizioni e trascrizioni relative all’immobile
pignorato”, ed inoltre della legittimità costituzionale, in riferimento
agli artt. 3 e 111 Cost., del quarto comma del medesimo art. 567 “nella
parte in cui non estende la sanzione dell’estinzione per inattività ex
art. 630, secondo comma, cod. proc. civ., per omesso o ritardato
deposito dell’estratto delle mappe censuarie e/o del certificato di
destinazione urbanistica ex art. 18, della legge 28 febbraio 1985, n.
47, da allegare al ricorso contenente istanza di vendita in caso di
tempestivo deposito di completo certificato notarile sostitutivo”.

La Corte costituzionale ha ritenuto non fondata la questione,
affermando che “l’art. 567 cod. proc. civ., nei suoi commi secondo e
quarto, è affetto da una antinomia, in quanto prevede, da un lato, la
necessità, a pena di estinzione, della produzione di una documentazione
comprensiva di mappe censuarie e certificato di destinazione
urbanistica (quando il creditore non si valga di un notaio) e,
dall’altro lato, della sufficienza, per evitare l’estinzione, di una
certificazione notarile che non comprende né le mappe né il certificato
di destinazione urbanistica. (…) Tale evidente antinomia potrebbe
comporsi nel senso sollecitato dall’ordinanza di rimessione solo se
anche le mappe censuarie ed il certificato di destinazione urbanistica
fossero indispensabili affinché la procedura esecutiva, in quello
stadio del suo svolgimento (e cioè al fine di consentire al giudice
dell’esecuzione di autorizzare la vendita nell’udienza di cui all’art.
569 cod. proc. civ.), prosegua utilmente; e ciò in quanto l’estinzione
dichiarabile d’ufficio potrebbe essere ragionevolmente disposta dal
legislatore, a causa della omessa produzione di documenti, solo se da
tale omissione discendesse l’impossibilità per la procedura esecutiva
di svolgersi.”

In quest’ottica deve leggersi, quindi, l’art. 567 cod. proc.
civ., “al dichiarato fine di impedire che – senza che il processo
esecutivo potesse progredire verso la liquidazione del bene a causa
della mancata produzione da parte del creditore della documentazione, a
tal fine necessaria – il debitore restasse indefinitamente soggetto
all’azione esecutiva ed esposto, con la minacciosa possibilità della
vendita forzata sullo sfondo, alle pretese dei creditori.

Attraverso l’estinzione conseguente alla mancata produzione,
entro un termine perentorio (peraltro estremamente breve, come si
evince anche dai successivi interventi del legislatore), della
documentazione richiesta per disporre la vendita forzata, il
legislatore ha voluto impedire – e la dichiarabilità ex officio ne
costituisce indice univoco – che il processo esecutivo diventasse, in
luogo che la sede deputata all’attuazione della c.d. sanzione
esecutiva, l’occasione per non sempre limpidi mercanteggiamenti tra
debitore e creditori, consentiti dalla previgente disciplina: a tenore
della quale, come ricorda il giudice a quo, al creditore procedente era
consentito – proposta l’istanza di vendita entro i novanta giorni di
cui all’art. 497 cod. proc. civ. ma omettendo di produrre i documenti
necessari per l’atto successivo del procedimento, l’autorizzazione
della vendita – di mantenere indefinitamente in vita l’esecuzione,
senza farla proseguire.”

    

Fonte: il Sole 24 ore